Tra le strade acciottolate e le domus silenziose di Pompei, qualcosa di antico torna a vivere. Non si tratta di una nuova scoperta archeologica, ma di una rinascita agricola: il vino, quello che scorreva sulle tavole romane di duemila anni fa, è pronto a rifiorire proprio all’interno degli scavi.
Il Parco Archeologico di Pompei ha avviato un progetto ambizioso e suggestivo: riportare la viticoltura tra le rovine, coltivando la vite negli stessi luoghi dove cresceva nel I secolo d.C. Si tratta di più di sei ettari destinati a diventare vigna archeologica, un laboratorio a cielo aperto dove la storia incontra l’enologia.
A guidare l’iniziativa c’è una collaborazione tra il Parco e il gruppo Tenute Capaldo (Feudi di San Gregorio), che ha deciso di mettere competenze e passione a servizio di un’idea che va oltre il vino: restituire a Pompei una parte viva del suo passato. Le tecniche utilizzate, infatti, si ispirano alle conoscenze viticole dell’epoca romana, pur integrate con metodi sostenibili e moderni.
Il progetto non è solo agricolo, ma anche culturale e turistico: i visitatori potranno camminare accanto ai filari, assistere alle fasi di lavorazione del vino e, in futuro, forse anche degustarlo. Sarà un’esperienza sensoriale che unisce il fascino delle antiche ville pompeiane alla storia millenaria della viticoltura campana.
Pompei, dunque, non smette di sorprenderci. Dove un tempo si celebravano riti, si consumavano banchetti e si versava vino in coppe di terracotta, oggi torna a scorrere linfa. Un progetto che non guarda solo al passato, ma anche al futuro: quello di una città che, dopo la cenere, continua a risorgere — vite dopo vite, vite dopo vite.
A cura di Isacco Di Maio